martedì 18 marzo 2025

TRA LE ROVINE RESTANO LE DOMANDE

Berlino, 1949.

Wilhelm si lasciò cadere su un cumulo di macerie. Davanti a lui, la città che un tempo conosceva si stendeva come un cadavere ancora caldo. Berlino respirava ancora, ma lo faceva a fatica, tra i gemiti dei palazzi feriti e il clangore dei martelli di chi cercava di ricostruire.

Lui, invece, non sapeva da dove ricominciare.

Perché era tornato? Per trovare cosa? La sua casa era scomparsa, inghiottita dai bombardamenti alleati. Nessuno sapeva niente dei suoi genitori. Nessun amico, nessun volto noto. Era come se non fosse mai esistito.

Ma lui era esistito. Aveva vissuto la guerra. E la guerra lo aveva reso un’altra persona.

Chi era diventato? Quando aveva smesso di chiedersi il senso degli ordini che eseguiva? Quando aveva smesso di vedere le persone oltre la divisa che indossavano?

Gli tornò in mente un giorno d’inverno in Russia. Era il 1943. Il freddo era insopportabile, tagliava la pelle come vetro. Avevano circondato un piccolo villaggio tra le foreste, un pugno di case di legno coperte di neve. Gli avevano detto che là si nascondevano partigiani. Gli avevano ordinato di perquisire tutto.

Wilhelm ricordava ancora la porta che si era aperta con un cigolio. Dentro c’era era una donna, non più giovane, e una bambina con due trecce bionde. Erano rannicchiate accanto a una stufa spenta.

“Dov’è tuo marito?” aveva chiesto uno dei suoi commilitoni, un uomo più grande, con occhi di ghiaccio.

La donna non aveva risposto. Solo un silenzio teso, uno sguardo fisso.

“Dov’è tuo marito?” aveva ripetuto il soldato, stavolta con il fucile puntato.

Wilhelm ricordava il battito del suo cuore. Fortissimo. Troppo forte.

Non sapeva se l’uomo che cercavano fosse davvero un partigiano. Non sapeva nulla di quella donna, di quella bambina. Ma l’ordine era chiaro.

Ricordava il suono dello sparo.

E ricordava il modo in cui la bambina aveva guardato sua madre cadere.

Quella notte non riuscì a dormire. Si era ripetuto che era necessario, che era guerra. Che non aveva avuto scelta. Ma era vero?

Non era stata la guerra a premere quel grilletto. Era stato un uomo. E quell’uomo aveva obbedito a un ordine senza porsi domande.

Quante volte aveva fatto lo stesso? Quante volte si era detto che non era lui il colpevole, che era solo una pedina?

E ora, seduto tra le rovine della sua città, si chiedeva se Berlino fosse stata distrutta solo dalle bombe nemiche, o anche da uomini come lui.

Era stato tradito da chi gli aveva ordinato di combattere? Oppure era lui stesso il traditore, perché aveva accettato senza ribellarsi?

Guardó le persone che lavoravano per ricostruire. Forse erano loro, i veri vincitori. Non chi aveva obbedito. Non chi aveva combattuto.

Si chiese se meritava un futuro.

Ma poi si alzó.

Perché, forse, l’unico modo per rispondere a tutte quelle domande era provare a vivere.



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