Mia
nonna Elena era nata nel 1912, aveva anch'essa umilissime origini e della sua
famiglia di provenienza, i Dominissini della frazione di Grupignano, ancor oggi
conosco più nulla che poco; unico flashback suo fratello Marco morto per un
tumore quando io frequentavo l’asilo, venditore ambulante di formaggi che il
sabato mattina stazionava con il suo banchetto nella piazza del Duomo e al quale
io e la nonna facevamo sempre visita … mi ricordo un uomo alto, dal viso magro
e la carnagione giallastra però sempre sorridente e che mi allungava delle
porzioni di un formaggio per cui all’epoca andavo matto: il gorgonzola! In
seguito, solo l’odore di quel formaggio, iniziò a provocarmi la nausea e, se
qualcuno mi vuole veramente del male e me lo propina di nascosto, potrebbe riuscire
nell'impresa di farmi vomitare anche l’anima! Misteri della vita… Aveva
l’aspetto di una vecchia matrona romana ed era la mia nonna preferita; io ero il suo pupillo prediletto, il primo
desiderato e sospirato nipote maschio, che neppure l’arrivo di mio fratello nel
1970 riuscì a scalfire quel rapporto privilegiato! Era
il mio rifugio quando i genitori si arrabbiavano per le mie marachelle, mi
riempiva sempre di sorrisi e carezze e quando mi portava con sé io ero sempre
felice, non c’era volta che non mi regalasse qualche cosa: dalla caramella alla
scatola di soldatini e che non mi presentasse con orgoglio alle sue amiche che
incontravamo. Poi
d’improvviso, quando avevo da poco iniziato a frequentare la scuola elementare, il suo sorriso perse la
gioia e il suo sguardo divenne sempre più spesso velato dalla tristezza; io non
capivo il perché di quel cambiamento repentino, così come m’interrogavo sul
perché prendesse spesso la bicicletta per uscire senza di me e ritornasse a
casa qualche ora più tardi silenziosa e sofferente. Iniziai
a chiedere ai miei genitori cosa avesse la nonna e ottenni sempre risposte
evasive, che non facevano cambiare il mio pensiero: era il nonno che la faceva
stare male! Ad
un certo punto andò in Ospedale e quando vi fece ritorno per il Natale del
1975, non si spostava più dal letto, non
parlava più e la sua magrezza faceva una forte impressione ricordando la donna
robusta che era stata prima. Dopo
capodanno ritornò in Ospedale senza più fare ritorno a casa, morì a 64 anni nel
mese di febbraio del 1976; l’ultima volta che la vidi fu qualche settimana
prima, quando all’insaputa di tutti, stufo di troppe risposte evasive alle
domande “Come sta la nonna? Quando torna la nonna?” presi la bicicletta e da
casa andai a cercarla, trovandola, nella
sua camera dell’Ospedale di Cividale con mia mamma che l’assisteva al
capezzale. Era
quasi irriconoscibile nella sua magrezza ma credo che lo shock più grande lo
provò lei nel vedermi … mi fissò con grande sorpresa, si lasciò andare ad un
sorriso prima di farfugliare agitata un “oh Dio Dio …” e prima che mia madre si alzasse dal letto e
mi accompagnasse in corridoio, rimproverandomi per quella visita non
autorizzata. Molti
anni più tardi compresi che il male che se l’era portata via troppo presto era
lo stesso che aveva rapito suo fratello e che portò via a 53 anni anche il suo
secondo figlio e che nel seguito di questa storia avrei avuto molte altre volte
modo di incrociare nei destini di persone che ho conosciuto: il cancro.
Purtroppo
se ne andò troppo presto e la sua scomparsa segnò la fine del mondo felice e
spensierato in cui avevo vissuto, fu come se nella famiglia si fosse spenta la
Luce e iniziarono anni cupi, in cui il sorriso e la dolcezza sparirono da casa
e calò una cappa plumbea di tristezza, di silenzi e di incomunicabilità.
Per
me era e resterà sempre una donna straordinaria, di indole allegra e sempre in grado di ravvivare
la compagnia e il fatto di essere
riuscita a sopportare il nonno, le vale sicuramente, come dire, “l’Oscar alla
carriera”.